Alla Almareni Art Gallery “Venature di poesia, Gika La seconda vita dell’ulivo”

Palermo – Venerdì 3 marzo nella Almareni Art Gallery- via Francesco Lo Jacono, 13 – s’inaugura la mostra personale dello scultore siciliano Giovanni Calamia “Venature di poesia, Gika la seconda vita dell’ulivo”.

Sculture in radica e in massello lavorate con maestria, testimoni di un’antica sapienza artigiana; sono opere che nascono dalla vocazione di questa terra d’arte, di mare e agricoltura, a valorizzare le capacità manuali dell’artista.

Il legno, infatti, ha una tradizione millenaria per il trasporto e la navigazione, ma è anche il segno tangibile di una civiltà del grano, del mandorlo e dell’ulivo: un legame diretto con le forze più pure e ancestrali della cultura mediterranea.

Gika, dalle venature del legno, trae la poesia della materia e affida alla radica d’ulivo il punto di equilibrio fra immaginazione dell’uomo e forma grezza della natura.

Vernissage venerdì 3 marzo dalle 16.30 alle 19.30; la mostra sarà successivamente visitabile negli stessi orari il 4 e il 5 marzo.

Gika, all’anagrafe Giovanni Calamia, è uno scultore siciliano nato a Alcamo sulle colline dense di vigneti e ulivi che lentamente digradano sul grande Golfo di Castellammare, dalle spiagge sabbiose, dalle acque trasparenti e sull’orizzonte l’aspro profilo dell’isola di Ustica. Nelle sue sculture in legno intagliato e talvolta dipinto troviamo tutta la storia, stratificata e ombrosa, la vita naturale, rigogliosa e tenace, di questa terra; troviamo anche la passione, metodica e curiosa, la vita, generosa e attiva, dell’Artista.

Scolpire significa dare forma, partire dalla materia e lavorare di fresa e di scalpello, per realizzare un’idea, un’intuizione, un progetto. Naturalmente ogni scultore decide se il confronto fra materia grezza e opera finita debba svolgersi con una lotta serrata o sia l’oggetto stesso, nel proprio divenire, a guidarne talvolta la sensibilità. Più l’idea è razionale, frutto di progettazione, maggiore sarà la neutra accondiscendenza della materia scolpita che diviene parte ininfluente del processo creativo, mero corpo, parte necessaria per dare concretezza all’immaginazione.

L’arte di Gika, invece, segue il principio opposto: è la materia a suggerire la forma finale, a dare spunto per il contenuto, il soggetto, i limiti spaziali del lavoro. Il suo scolpire è arte di relazione, un continuo danzare tra l’identità del corpo grezzo – la propria essenza, la propria natura – e la curiosità della mente creatrice. Uno scultore apodittico, che contiene nel proprio immaginario la certezza dell’opera finita, sarà sicuramente attratto dall’argilla o dalla cera, dalla progettazione in 3D, da qualsiasi materiale sia facilmente piegabile al proprio volere: la getterà poi in oro o bronzo fuso, la cuocerà in forno, l’affiderà a una stampante per dare alla scultura una solida durevolezza. Uno scultore dialettico, invece, resta affascinato da un materiale con una propria storia, pieno di segni del tempo, di cicatrici della vita. Che sia il tronco o la radice di una pianta o un pezzo di marmo fortemente venato, il suo interesse andrà verso la forma nascosta, da liberare e portare alla luce.

A questo punto occorre comprendere chi sia il terzo attore in gioco quando uno scultore, come Gika, passa dalla contemplazione della materia alla vera e propria attività pratica del creare. La materia suggerisce, l’Artista ascolta e asseconda senza imporre ma chi lo guida nella scelta del soggetto e della forma? La peculiarità di Giovanni Calamia – uomo prima ancora d’essere artefice – è la fantasia, la sua mente curiosa e affamata d’immagini e suggestioni. Il terzo attore è la psiche, abitata da ricordi, forme archetipe, timori e idee in continuo affinamento; Gika sa esprimere concetti universali: il contrasto fra pesante e leggero, tra assente e concreto, l’idea generica di uccello e di volo, la quintessenza dell’uomo attraverso la semplice testa e delle sue emozioni raccolte e cristallizzate in una semplice e definita espressione, in un occhio che si fa sguardo in una bocca socchiusa che diventa racconto o affabulazione.

Le sculture di Gika sono il punto d’equilibrio tra l’immaginario personale e i limiti e le particolarità della materia che sceglie di scolpire: una radice centenaria di ulivo o la liscia compattezza di una tavola industriale perfettamente piallata di frassino rappresentano il limite fisico entro cui l’Artista vincola ogni possibile sviluppo della propria creazione. È il lavoro continuo di pulitura fatto con scalpello e fresa, il seguire le venature e i difetti della pianta, il ripercorrerne la vita incontrando le fragilità e la marcescenza, il taglio impietoso, la potatura, il difetto dovuto al sole torrido o al gelo improvviso che morde l’inverno siciliano così denso di luce e fiori da sembrar già piena primavera.

Scegliere ciò che fu essere vivente, accettarne la storia, i drammi individuali, le ingiurie del caso, è un segno – da parte dell’Artista – di grande amore per la propria terra, di rispetto e compassione. Vi è una profonda empatia tra Gika e il territorio: è questo frammento d’isola al confine orientale della provincia di Trapani che ne ha formato – anno dopo anno – la personalità e il bagaglio visivo e tattile. Questo bagaglio, una volta aperto, prorompe nella realtà attraverso i legni secolari che raccolgono le sue esperienze di vita. Alcamo scrigno di città greche ancora inesplorate, di antichi fossili d’animali ora sconosciuti, di chiese medievali e barocche assorbite e stravolte dal continuo gonfiarsi dell’edilizia urbana; Alcamo di riti contadini, di vendemmie e potature, di storie arcane, figlie del mito e sorelle del mistero. Nell’arte di Gika è il legno che li raccoglie, da loro voce e chiede all’Artista di preservarne vita e memoria.

L’artista

Giovanni Calamia (Alcamo TP – 1951), è scultore e poeta del legno. Raccoglie i tronchi nodosi di ulivi centenari, la radica che ancora l’albero alla terra, e ne lavora ogni asperità rispettando la natura del legno. Durante questa paziente opera di svelamento della materia lascia che la mente vaghi cercando nella forma suggestioni e ricordi per poi fissarle nell’atto dello scolpire. Nascono così opere complesse, con diversi piani di lettura che si intersecano pur mantenendo ognuno una propria storia e individualità. Dalle sculture in olivo l’artista ha poi cercato di valorizzare anche masselli d’altre piante, come i recenti quadri di frassino.

Massimiliano Reggiani

Curatore della mostra

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