Enna 14 novembre 1299: Il Consiglio di guerra di Federico III imprime una svolta alla guerra del Vespro

Enna- La Guerra dei Cento anni o lunga guerra del Vespro in Sicilia(1282-1372) si apriva con un nuovo capitolo quando le truppe franco –angioine di Carlo, fratello del re di Francia, sbarcarono a Lilibeo(Marsala)

il 1 novembre 1299.

Sia il Villani, l’Amari che il Runciman, lo Speciale e il Muntaner descrivono con enfasi le vicende di questa lunga guerra in Sicilia e Italia meridionale che per la prima volta aveva visto soccombere un re-imperiale a un popolo in armi , e per questo aveva le attenzioni da tutta Europa.

I siculo-aragonesi , ribelli alla Francia e al Papa, dopo i successi alterni del primo decennio di guerra, avevano subito una pesante sconfitta navale e terrestre dall’ammiraglio Ruggero di Lauria il 4 luglio 1299 a capo D’Orlando.

Ruggero infatti, gia’ in forza nell’esercito siciliano era da poco passato agli angioini( insieme a re Giacomo II d’Aragona, fratello di Federico III) e ,quest’ultimo ,per solenne promessa d’aiuto ai siciliani, era al comando delle truppe siculo-aragonesi,.

Dunque tutto lasciava ritenere che con 40 navi capitanate da Filippo D’Angio’, figlio di Carlo, e Pietro Salvacossa, dopo aver conquistato la Sicilia orientale, queste truppe conquistassero anche la parte occidental, in particolare Trapani.

Fu a quel punto che Federico III trinceratosi a Enna decise un Consiglio di guerra che adottasse una strategia di difesa del Regno siculo, abbandonato a se stesso dal fratello e contrastato vittoriosamente fino a quel punto dai francesi:

Il re in prima persona era disposto all’attacco delle truppe francesi poste nella piana di Trapani, ma fu distolto dall’attacco frontale per i consigli di Blasco d’Alagona che suggeri’ di dividere l’esercito siciliano in tre parti in modo da attaccare l’accampamento e le truppe francesi che assediavano invano Trapani!

Fu una strategia ben riuscita e il 1 dicembre 1299,esattamente un mese dopo lo sbarco, nella piana di Falconara, fra Trapani e Marsala, i siculo-aragonesi colsero un successo insperato: le tre schiere guidate rispettivamente da Blasco,Federico e Giovanni Chiaramonte, rafforzati da fanti e cavalieri giunti da Palermo e altri luoghi di Sicilia, bloccarono la cavalleria francese guidata da Filippo D’Angio’, presero alle spalle gli assedianti di Trapani piombando da Erice e aggredirono la fanteria angioina di fatto accerchiata, liberando Trapani che accolse i vincitori inseguendo i superstiti nemici fino alle navi!

Era un successo che rincuorava ma per giungere al tavolo di pace (che poi sara’ quello di Caltabellotta quasi un anno dopo nel 1302) bisognava cogliere altri successi significativi… e questi giunsero da Gagliano, al centro dell’isola!

Il racconto della Battaglia di Gagliano Castelferrato ,combattuta nel Febbraio del 1300 tra Siculo-iberici e Francesi, evidenzia il ruolo degli Almogaveri con il loro celebre grido di guerra “Desperta Ferro!” ovvero quelle spade sguainate al sole e che fanno scintillare le pietre!

I Franco-angioini con i loro “Cavalieri della Morte”, il fiore della cavalleria di Francia, furono nettamente sconfitti(preludio della catastrofe di Azincourt?).

Qualche storico scrive che quel giorno gli Almogaveri di Spagna divennero davvero Siciliani e non mancherà molto,in effetti dopo quell’episodio all’incorporamento definitivo nell’Esercito Reale Siciliano a quella che un tempo era l’autonoma “Compagnia Catalana”che fu protagonista nelle guerre balcaniche del tempo!

Non per niente tra i titoli del Re di Sicilia ci sono anche quelli di Duca di Atene e Neopatria.

Ma veniamo a una breve memoria leggendaria di questa battaglia decisiva per il Vespro, narrata dallo storico catalano Muntaner,che fu da esempio per la rivolta delle Fiandre:

“Il Conte di Brienne vedendo gli Almogaveri arrotare i loro ferri sulle pietre esclamò:

“Dio mio! Cosa è questa mai? Sono dunque veri demoni costoro; poiché vaglia il vero, chi aruzza così la punta delle lance mostra bene di avere un core risoluto a combattere: Oh! Abbiamo trovato proprio quello che cercavamo!” E si segnò, e si raccomandò a Dio, e tutti si mossero incontro gli uni contro gli altri strettamente ordinati in battaglia.

Il Conte di Gallerano e Don Velasco non vollero formare né avanguardia né retroguardia ma serrando tutta la cavalleria sulla manca e tutti gli Almogaveri sulla dritta andarono ad urtar contro l’avanguardia nemica con tanta furia e violenza che pareva ne avesse l’universo in volta.

Gli Almogaveri usarono sì destramente i loro giavellotti che era una vera diavoleria quel che facevano.

Entrati nelle file nemiche rovesciarono al suolo più di cento Francesi, uccidendo cavalli e cavalieri, aprendosi una via fra loro come se passeggiassero in un giardino.

Il Conte Gallerano e Don Velasco dettero addosso alle bandiere francesi e le rovesciarono tutte tra stupendi fatti d’arme e fieri colpi dati e ricevuti. Non fu mai fatta battaglia tanto sanguinosa da così piccolo numero di combattenti!

Era ancora mezzogiorno e non poteva giudicarsi chi fosse il vincitore sebbene le bandiere francesi erano state tutte rovesciate tranne quella del Conte di Brienne che aveva da sé stesso rialzata quando il suo portabandiera fu ucciso.

Rimasero soltanto ottanta cavalieri francesi che vennero presto assaliti dal Conte di Gallerano e Don Velasco.

E quei trecento cavalieri, partiti dalla Francia con il nome di “Cavalieri della Morte”, trovarono in Sicilia la Morte stessa ad attenderli.”

Claudio Paterna

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